Storia della Parrocchia

Tale relazione, stilata dal Notaio dott. Giovan Battista Mauri, presidente della Commissione della Fabbrica della nuova chiesa e datata 5 settembre 1932, è stata riportata in una pubblicazione edita nel 1945 in occasione delle nozze d’oro sacerdotali di Don Tomaso Scalvinelli.

La necessità di una nuova Chiesa Parrocchiale in Pian di Borno fu riconosciuta e proclamata dal Rev. Sig. Don Antonio Bondioni Parroco del luogo: e ne troviamo la prova nella descrizione che di Pian di Borno è fatta nell’ “Illustrazione della Valle Camonica” geniale lavoro del compianto Sig. Prof. Don Bortolo Rizzi di Pisogne, edita nell’anno 1870: descrizione dovuta alla penna dello stesso Rev. Parroco Bondioni, nella quale Egli, dopo di aver elencate le bellezze di Pian di Borno, così si esprime: “… di mezzo a questi favori di natura e dell’arte, in Pian di Borno resta un vuoto grande, la chiesa parrocchiale: vuoto però che fra poco sarà riempito con una chiesa a tutto il resto rispondente”.

Si adoperò con passione e con tenacia quel Rev. Sig. Parroco Bondioni per poter iniziare quell’opera grandiosa: ma i tempi non erano maturi: la popolazione rimaneva indifferente, inerte e perplessa: ed Egli nell’anno 1875 se ne andava quale arciprete nell’importante Borgata di Manerbio, addolorato di non aver veduto coronati di successo il suo desiderio e le sue fatiche.

Ma quel seme non era stato gettato inutilmente; e fu coltivato dal suo successore, il mite Rev. Sig. Girolamo Maccanelli: questi, più fortunato, trovò in luogo pie ed agiate persone che risposero generosamente al suo appello: la Sig.ra Teresa Gerosa fu Fermo stanziava la somma di L. 20.000 ed il Sig. Paolo Glazel fu Giorgio lasciava la somma di L. 6.000: la geniale idea dell’erezione della Chiesa nuova entrò nelle menti e nei cuori della popolazione; e si andò delineando la certezza che la grandiosa e bella idea sarebbe stata presto attuata.

Il Rev. Don Antonio Bondioni però, benché lontano, non si ristette mai estraneo a quanto avveniva in Pian di Borno, ove Egli aveva parenti intimi, tenacemente pensando e guardando al suo sogno: ed un giorno Egli fece a noi la sorpresa di presentarci i disegni della Nuova Chiesa predisposti dall’amico suo Architetto Prof. Fortunato Canevali di Breno: disegni che piacquero subito e che riportarono poi la piena approvazione dei competenti.

Dalla popolazione fu eletta la Commissione della Fabbrica della Nuova Chiesa; e questa nominò suo Presidente il Sig. Notaio Dott. Gio. Battista Mauri.

Accettati di buon grado i disegni ed il progetto del Sig. Prof. Canevali, si affidò a lui, come quello che aveva offerto migliori condizioni, la esecuzione dei lavori, sotto la direzione del Sig. Ing. Giovanni Caprani di Malegno.

La Signora Giovanna Glazel fu Paolo, andata sposa al Sig. Cav. Giacomo Passerini di Brescia, acquistò dal Beneficio Parrocchiale di Pian di Borno il terreno occorrente e ne fece dono alla Commissione della Fabbrica della Chiesa.

Ardua e temeraria era l’impresa che si affrontava, data la scarsità dei mezzi disponibili; ma erano grandi l’entusiasmo e la fede nella Provvidenza; e così nel Marzo del 1895 si iniziarono gli scavi per le fondazioni, limitatamente però a quanto era necessario per sondare il terreno e trovare un sicuro punto di appoggio: operazione eseguita sotto la direzione del Sig. Ing. Gio. Antonio Ronchi di Breno, assistiti dalla Commissione, dal Sig. Ing. Giovanni Caprani e dal progettista esecutore dei lavori Sig. Prof. Canevali.

In quello stesso anno 1895 la popolazione, con vero slancio ed affetto gratuitamente, preparò sul luogo d’impiego una bella quantità di materiali, sabbia, calce comune e sassi, provenienti questi dalle lontane cave di Esine e fornite a giusto prezzo dal signor Agostino Bettineschi, il quale fornì anche tutti gli altri sassi fino al compimento della Chiesa, prelevandoli dalla difficile e pericolosa cava della Colombera di Pian di Borno.

Nella primavera dell’anno successivo 1896 furono ripresi gli scavi per le fondazioni le quali costarono sudori e denari molti, in quanto che la profondità minima è di metri 4,50 e raggiunge i metri 7,50 quella dei piloni del presbiterio dalla parte verso nord; con l’avvertenza che nel già profondo scavo per il muro della crociera, a mezzodì – sera, si dovette fare una robusta palafitta con legni di castagno, non presentando il sottostante terreno la dovuta sicurezza.

Le fondamenta della colossale fabbrica sono costituite da un anello in calcestruzzo dell’altezza di metri 1,20 e dello spessore di metri 0,80 il quale, in corrispondenza dei piloni supera la larghezza degli stessi. Sopra l’anello la muratura è tutta in pietrame e calce idraulica di Palazzolo fino a due metri fuori terra; vi furono impiegati duemilatrenta quintali di calce. Essendo il terreno costituito da uno strato di terra e ghiaia e quindi da uno strato di terra creta alto m. 1,70, al contatto con l’acqua sottostante questa crollava trascinandosi dietro il terreno sovrastante: ed un giorno quattro operai rimasero sepolti fino oltre la cintola, fortunatamente senza nessuna conseguenza: di modo che si dovettero di continuo tenere bene armati gli scavi di fondazione con una spesa non indifferente.

La Provvidenza non mancava; ed ai primi fondi suaccennati si aggiungevano cospicue offerte in denaro: i nostri buoni terrazzani si prestavano in buona parte gratuitamente; ed i lavori procedevano regolarmente: soltanto negli anni 1902 – 1903 si dovette ricorrere alle Banche perché era indispensabile mettere il tetto a protezione delle murature: il Comune di Borno donò tutto il legname occorrente e nell’ottobre 1903 il tetto era ultimato; e tutto fu pagato perché la popolazione, mirabilmente compresa e volonterosa, continuò il suo appoggio.

Il piccolo Pian di Borno aveva fatto miracoli perché in otto anni aveva completata la parte rustica del suo tempio, compresa la costruzione delle quattro grandi arcate che dovevano poi sostenere la cupola.

A turbare la soddisfazione della grandiosa opera compiuta un infortunio mortale è avvenuto il 28 ottobre 1903. Il prudente ed esperto capo pontiliere Falocchi Pietro fu Andrea, del nostro paese, nell’abbattere l’armatura del finestrone della crociera, verso mattina, da 18 metri precipitò morendo quasi all’istante.

Si avverte che la prima pietra della Nuova Chiesa era stata messa da S. E. l’Ill.mo nostro Vescovo Mons. Corna Pellegrini nel giorno 28 settembre 1898 con grande solennità: questa pietra si trova a centimetri cinquanta dal pavimento del passaggio che dall’altare della Madonna Immacolata mette ai confessionali ed alla sagrestia verso sera.

Nel giorno 5 gennaio 1908 moriva l’amatissimo nostro signor Parroco Don Girolamo Maccanelli che tanto aveva fatto per la nostra Chiesa e per il Paese, lasciando di sé cara e imperitura memoria.

Non va dimenticato che per la nostra Chiesa molto si adoperò il nostro buon Curato Don Battista Ceresetti; come prestò il suo aiuto il suo successore Rev. Don Gaudenzio Ruggeri e poscia il Rev. Don Luigi Piccinelli nostro Curato attuale.Nel giorno 11 Luglio 1909 faceva il suo ingresso in Pian di Borno il nostro nuovo Parroco Sig. Don Tomaso Scalvinelli, uomo audace, dotato di una speciale energia: egli si prefisse di ultimare la Chiesa, quantunque vi fosse un fondo di cassa di poco più di sette mila lire: si mise anima e corpo nella ben ardua impresa: i mezzi finanziari non si fecero attendere: i lavori furono alacremente ripresi nell’anno 1910, affidati sempre allo stesso signor Prof. Canevali ed alla fine del mese di Ottobre dell’anno 1912 la grandiosa e magnifica nostra Nuova Chiesa era ultimata, decorata e dipinta, non solo, ma dotata dell’altare maggiore in legno, delle cantorie, delle facciate degli organi in legno, delle sedie e di due bellissimi confessionali, delle sei porte interne, tutte in noce, del pulpito. Il tutto fornito dalla ditta Galli di Milano. Fu dotata di sessantasei banchi in larice d’America costruiti e finiti dai falegnami Gheza Pietro fu Giuseppe, Falocchi Battista ed altri del nostro paese.

Furono costruite due bellissime sagrestie alle quali sovrastano altri due locali identici: furono messi a posto tutti i telai in ferro di tutte le finestre e tutti i canali e tubi di scarico: lavoro eseguito dai fabbri Antonini Giovanni e Figli, Antonini Bortolo e dal vecchio Antonini Giov. Maria il quale ultimo eseguì le due croci in ferro sovrastanti al timpano della facciata ed alla lanterna della cupola. Anche tutti questi sono artigiani del nostro paese. I pavimenti furono messi dalla Edile Camuna (Bertolazzi & Pellegrinelli di Darfo).

Tutte le decorazioni sono opera del distinto artista Cominelli Giuseppe di Brescia, come pure le pitture della volta e della finta cupola del presbiterio. I medaglioni della cupola furono dipinti dal pittore Umberto Marigliani di Bergamo: i capitelli delle lesene sono opera del Sig. Giuseppe Locatelli pure di Bergamo, che pure eseguì le lesene stesse.

Così il nostro magnifico tempio era, si può dire, finito colla soddisfazione che tutte le opere occorse erano completamente pagate.

  1. Ecc. Ill.mo e Rev. Mons. Giacinto Gaggia nostro amatissimo Vescovo benedisse la nuova Parrocchiale nel giorno 16 novembre 1912 e nel giorno 7 maggio 1916 la consacrò con lunga e decorosa funzione.

Non dimenticherò mai il commovente trasporto del Santissimo Sacramento dalla Vecchia alla Nuova Parrocchiale: la popolazione, con portamento severo e devoto e con una ben visibile tristezza, abbandonava quella povera Chiesa meschina e disadorna, ma a lei tanto cara perché in essa quasi tutti erano stati battezzati, in essa avevano assistito alle sacre funzioni, in essa erano stati portati e benedetti tutti i suoi cari morti, e molti non potevano nascondere le lagrime. La accolse il nuovo tempio sfolgorante di luce; allora la popolazione si rasserenò ed incominciò ad inorgoglire, stupefatta di tanta bellezza e lieta del suo operato. Il giorno 16 novembre 1912 la Messa Grande fu celebrata dal molto Rev. Canonico Mons. Salvetti nativo di Pian di Borno con l’assistenza pontificale di Mons. Vescovo Gaggia che aveva benedetto la nuova Parrocchiale: la Messa Prima era stata giustamente letta dal nostro benemerito Parroco Sig. Don Scalvinelli.

Ma questi non s’addormentò sugli allori; specializzato nel saper procurare denari per la Chiesa, e sempre generoso egli stesso, con l’aiuto di pie persone provvide un grande altare per la Beata Vergine, due altri piccoli altari opere delle Ditte Ferrari e Bormetti di Precasaglio di Pontedilegno ed il battistero con alto rilievo, opera della Val Gardena.

Il quadro dell’Altare Maggiore fatto dal nominato pittore Marigliani rappresenta la Sacra Famiglia, alla quale il Tempio è dedicato: i quadri dei due piccoli altari sono del pittore Gio. Battista Nodari di Esine.

Ma un Tempio così bello e maestoso ben meritava un altare maggiore in marmo: ed a questo provvidero i coniugi Sigg. Ing. Domenico Taboni e Marietta Glazel i quali il 10 febbraio 1916 donarono l’attuale altare colla meravigliosa ed ammiratissima soasa, tutto in marmo, opera della Ditta Ernesto Paleni di Bergamo, col bellissimo quadro della Sacra Famiglia eseguito dal distinto pittore Prof. Francesco Domenighini nativo di Breno: e donarono anche le balaustre pure di marmo. Allora il primo altare maggiore in legno fu collocato nella crociera a destra di chi entra in Chiesa e fu dedicato al S. Cuor di Gesù del quale accoglie la statua; la pala porta intorno dei quadretti dipinti a mano dalla Signorina Melchiotti di Brescia: è un pregevole lavoro di non comune fattura.

Era pur necessario che anche a Pian di Borno si ricordassero in modo conveniente i nostri valorosi compaesani morti in guerra ed in conseguenza della guerra: ed a questo si provvide con una geniale idea che fu tradotta in atto nell’anno 1921. Anziché erigere, come comunemente si usava allora, un ricordo in pietra all’aperto, si pensò di erigere un altare in Chiesa: e fu eretto su progetto della Ditta Bonifacio di Brescia: non è una gran cosa, ma è un altare in marmo, di buon effetto e di buona fattura. Così sono degnamente ricordati i nostri Soldati cari e si è ornata la Chiesa con un nuovo altare che fu inaugurato il giorno 23 Giugno 1923 con semplice, austera e decorosa solennità, con solenne Ufficio funebre e con un bel discorso pronunciato dal pulpito dal Rev. Padre Bevilacqua venuto per l’occasione dietro nostro invito: non chiasso, non musiche, non banchetti: ma preci e lagrime per i nostri Caduti per una più grande Patria.

Ma qui incominciano le dolenti note! La popolazione di Pian di Borno era giubilante nel vedere compiuti in sì breve tempo (17 anni) il suo desiderio, il suo sogno: ma una ben dolorosa sorpresa veniva a turbare quel giubilo: le crinature che si erano manifestate nell’interno della cupola fino dai primi tempi, accennavano ad aumentare: e ben tre volte venne sul luogo, chiamato dalla Commissione della Fabbrica, l’Architetto Sig. Luigi Arcioni di Brescia per studiare quel fenomeno che egli non trovava allarmante: dichiarò tuttavia il 26 febbraio 1923 “non essere l’opera presentemente in tutto degna di laudo” (veggansi le tre relazioni in fascicolo a parte).

Il movimento di disgregazione si andava accentuando, come si desumeva dalle apposite spie di vetro, di carta e di gesso: tanto che, chiuse le piccole crinature, quelle più grandi giunsero a spingersi fino a due pennacchi sotto il cornicione della cupola. Queste si presentavano allarmanti e fu chiamato sul posto il bravo quanto umile Sig. Ing. Camillo Galizzi di Bergamo il quale restò male impressionato: e nella sua relazione in data 31 ottobre 1922 consigliò, senz’altro, di chiudere la Chiesa, a scanso di una eventuale catastrofe: ed il giorno 8 dicembre 1923 (era passato un anno) la Chiesa fu chiusa al pubblico. Così la popolazione, mesta ed umiliata, tornò alla sua vecchia Parrocchiale, ancora più meschina di prima.

Ma il Rev. Scalvinelli non si perdette d’animo; e infuse il suo coraggio nel popolo che ancora rispose all’appello del suo pastore: fu chiamato in luogo il distinto Ing. Egidio Dabbeni di Brescia il quale studiò il fenomeno e predispose il progetto dei lavori a farsi, e che non ammettevano dilazioni: e si incominciò la Via Crucis: era da piangere dover demolire tutta la cupola, finita, decorata e dipinta! Eppure bisognava demolirla! Trentaduemila mattoni da mandare in basso, senza contare la pesantissima ed enorme lanterna da disfare e rimandarla a terra, con tutti i suoi accessori: e poi ricominciare la nuova costruzione.

Per i buoni uffici interposti dallo stesso Sig. Ing. Dabbeni fu convenuto che la Commissione della Fabbrica avrebbe fornito a sue spese tutti i materiali occorrenti alla ricostruzione, ed il progettista della Chiesa ed esecutore dei lavori Sig. Prof. Canevali avrebbe fornito a sue spese tutta la mano d’opera e la sua gratuita cooperazione.

Così la cupola fu demolita fino al suo cornicione: e, sotto la direzione del detto Sig. Ing. Dabbeni fu ricostruita in modo diverso, cioè in cemento armato: mediante quattro travi robuste, pure in cemento armato e leggermente convessi, tutto il peso della cupola fu caricato sui quattro pilastri in modo che le quattro grandi arcate più non portano il peso della cupola e della lanterna, che fu rifatta un poco più bassa e più leggera della prima, né possono fare spinta sui grandi pilastri medesimi: la lanterna e cupolino fa ora un corpo solo con la cupola: di modo che nulla più è da temersi.

Delle decorazioni il pittore Enrico Peci da Borno aveva preso le fotografie e su queste rifece le decorazioni medesime: i medaglioni furono rifatti, ma diversamente, dal pittore Marigliani che aveva pure dipinto i primi, forse migliori.

Per tutti questi lavori di demolizione e ricostruzione la Commissione ha speso la sbalorditiva somma di L. 81.327,60 (lire ottantunmilatrecentoventisette e cent. sessanta), senza lasciare un centesimo di debito: incredibile ma pur vero.

Anche in queste opere il Comune di Borno ha contribuito con la somma di lire diecimila.

Purtroppo anche questa volta non è mancato un gravissimo infortunio: un bel giovane, Pelamatti Maffeo figlio del bravo ed intelligente capo – assistente ai lavori, contro i ripetuti divieti del padre e della Commissione della Fabbrica, saliva, con un suo compagno di lavoro, alla cupola in ricostruzione, servendosi dell’argano a mano per il trasporto dei materiali: il giorno 6 aprile 1926, giunti i due giovani alla sommità, la corda metallica dell’argano fatalmente si spezzò, e quelli, con la cassa contenente i materiali, precipitarono; uno si salvò aggrappandosi ad una corda di servizio che attutì l’effetto della caduta, e se la cavò con molto spavento ma con poco male, l’altro invece, il Pelamatti, rimase cadavere all’istante.

Ultimati tutti i lavori, demoliti i ponti di servizio, ripulita ogni cosa, la bella Chiesa fu riaperta al pubblico ed al culto il giorno 8 dicembre 1926, con l’intervento di S. Ecc. Rev. Mons. Vescovo Bongiorni, che restò ammirato della rapidità con la quale il tempio era stato rimesso in piena e perfetta efficienza.

La popolazione era festante e benediceva il suo Parroco Signor Don Scalvinelli, cui spetta il merito del compimento di un lavoro così arduo e colossale e benediceva tutti quelli che col denaro generosamente offerto e colle loro svariate cooperazioni avevano contribuito a restituire il suo tempio, che è il suo vanto e la sua soddisfazione.

Altro ornamento necessario spettava alla nostra bella Chiesa; un organo moderno e adatto a quella: e nello stesso giorno 8 dicembre 1926 in cui la Chiesa fu riaperta al culto, al pranzo, generosamente offerto dal Rev. Nostro Parroco Sig. Scalvinelli, il Signor Dott. Gio. Battista Mauri lanciò la bella idea ed annunciò la sua offerta: l’idea fu approvata ed accettata dai convenuti, in presenza di S. Ecc. Mons. Vescovo Bongiorni.

Siccome è provato che si fa più presto in pochi che non in molti, della parte finanziaria dell’organo si incarico il Rev. Signor Parroco Don Scalvinelli e della parte musicale si incaricò lo stesso Sig. Dott. Mauri.

Furono richiesti e presentati i progetti dalle Ditte Frigerio di Brescia, Rotelli di Cremona, Battani di Modena e Pedrini di Binanuova (Cremona): questi progetti, col benestare della Ven. Curia, furono passati per l’esame dettagliato e pel giudizio al distinto Maestro Sig. Cav. Arnaldo Bambini di Verolanuova. Somigliantissimi fra loro i progetti Frigerio e Pedrini ed entrambi lodati, per alcune ragioni speciali, non trascurabili, fu scelto il progetto Pedrini: ed il 18 maggio 1930 il bellissimo organo a due tastiere fu inaugurato e fu collaudato dallo stesso Sig. Maestro Bambini alla presenza ancora di S. Ecc. Mons. Bongiorni che benedisse l’organo: ne fu padrino lo stesso Sig. Notaio Dott. Mauri. Il Maestro Bambini chiude il suo verbale di collaudo con le seguenti parole “bell’istrumento, degnissimo della magnifica Chiesa di Pian di Borno”. Ed anche l’organo è completamente pagato.

Attraversiamo una crisi terribile; e quindi per ora nulla si può pretendere da questa popolazione che ha dato tante e così grandi prove di fede cristiana, di bontà e di generosità. Guardate: un paese di 1400 abitanti: guardate il suo tempio: considerate il breve periodo di tempo impiegato nella sua costruzione e nel suo finimento: tenete conto del disastro finanziario della demolizione e della ricostruzione della cupola: e dovrete esclamare: Pian di Borno ha fatto miracoli, è stato meraviglioso.